Un "Grande Castelvecchio": gli esempi a cui guardare

L’idea di adeguare il Museo di Castelvecchio alle esigenze richieste oggi per una struttura più moderna ed efficiente che, pur mantenendo inalterata la stupenda realizzazione architettonica ed espositiva di Carlo Scarpa,  possa dotarsi di tutte quelle strutture atte a migliorare l’accoglienza, la gestione e i servizi tecnici che fanno di una importante raccolta di opere d’arte un Centro di incontro e di studio, era già da anni presente nel pensiero e nelle azioni degli Amici dei Civici Musei. Non ci fu Assemblea, Consiglio Direttivo o altra riunione in cui il tema non venisse discusso ed approfondito.

Nel 2017 prese quindi corpo l’idea di concretizzare i punti cardine del problema con un documento scritto. Nel novembre dello stesso anno venne dato alle stampe il volume “Fantasie per Castelvecchio”.

Un’agile e ben articolata pubblicazione che accanto ad una precisa esposizione grafica e fotografica  della disposizione attuale della volumetria di Castelvecchio nella sua interezza, pone l’attenzione su come utilizzare gli spazi attualmente occupati dal Circolo unificato dell’Esercito, creando un Gabinetto Numismatico, un Laboratorio per la manutenzione delle opere d’arte, un Deposito per le opere non esposte, un’Aula didattica per giovani e meno giovani, una Biblioteca d’Arte, la Direzione e gli Uffici del Museo, una Sala polifunzionale per conferenze e i Servizi per il pubblico, come bookshop, guardaroba e bagni. Il progetto prevede anche la realizzazione di un ampio e confortevole Caffè-Ristorante per visitatori e turisti.. L’accoglienza di questa pubblicazione è stata molto positiva, tant’ è che nel marzo 2019 nacque il comitato “Civica Alleanza per un Grande Castelvecchio” allo scopo di estendere ad una più ampia cerchia di appassionati l’idea proposta dagli Amici dei Musei Civici di Verona.

Per far conoscere meglio alle autorità e alla cittadinanza gli intendimenti della “Civica Alleanza” sono stati indetti degli incontri quale una Seduta tecnica presso l’Ordine degli Architetti di Verona, cui ha fatto seguito nel mese di maggio una Conferenza Stampa esplicativa presso la Camera di Commercio di Verona. Il ciclo di incontri propedeutici è stato quindi completato con la Tavola Rotonda tenuta il 19 giugno 2019 presso la Società Letteraria.

E’ stato pienamente raggiunto il focus cui tendevano i promotori della “Civica Alleanza”: migliorare radicalmente l’offerta culturale veronese, pensando soprattutto ai turisti italiani e stranieri di rango che, nonostante il marcato incremento in città dei “turisti mordi e fuggi”, sono ancora fortunatamente una parte fondamentale del movimento turistico veronese. Non solo, l’adeguamento in Castelvecchio dei servizi di accoglienza e di gestione al livello dei più importanti musei italiani ed europei farà aumentare ulteriormente il prestigio della città anche presso tutti coloro che ancor oggi la visitano in modo un po’ troppo superficiale.

Va sottolineato che l’operazione verrà portata avanti con un alto spirito di collaborazione e di rispetto per le Forze Armate, che hanno compreso le mutate esigenze culturali della città, senza che alcuno dimentichi l’importanza e il prestigio che il Mondo Militare ha avuto nei secoli in Verona.

A suffragare la bontà dell’azione intrapresa nel corrente mese di novembre si sono tenute due importanti conferenze di direttori di musei che hanno illustrato come siano riusciti a dare un nuovo appeal ai celebri musei italiani da loro diretti.

James M. Bradburne, direttore da qualche anno della Pinacoteca di Brera e della attigua Biblioteca Braidense in Milano, aprendo il classico ciclo di Conferenze che da oltre mezzo secolo si tengono in Verona, organizzate  dal Civico Museo di Castelvecchio, dall’Università degli Studi di Verona con il supporto degli Amici dei Civici Musei, ha raccontato come in quattro anni sia riuscito a  rivoluzionare Brera, rendendola più appetibile anche per quegli strati di potenziali visitatori che non si erano mai avvicinati ad un museo o lo avevano fatto in maniera assolutamente sporadica.

James Bradburne in front of ‘St Mark preaching in Alexandria’ Pinacoteca di Brera Milan

Oltre al raffinato rifacimento degli ambienti napoleonici che da due secoli accoglievano le opere e che si presentavano nella veste non molto brillante eseguita nella ristrutturazione degli anni Cinquanta del secolo scorso dopo i gravi danni bellici subiti, ed esaltato da un nuovo ed efficace impianto di illuminazione, il direttore ha stabilito di porre al centro del museo il visitatore, dandogli l’illusione di essere quasi partecipe delle opere eseguite secoli prima da celebri pittori. Il museo accoglie bambini anche molto piccoli come fossero a scuola o all’asilo, con la possibilità di trovare nelle sale fogli e pennarelli per… imitare i grandi del passato. Opportunità del resto ampliata anche agli adulti che hanno la possibilità di copiare su materiale messo loro a disposizione i capolavori esposti. In altre parole il visitatore si deve sentire a suo agio ed avere la possibilità, anche se digiuno d’arte, di colloquiare in tutta libertà con ciò che sta ammirando.

L’altra importante conferenza è stata tenuta presso la Società Letteraria da Flaminia Gennari Santori, direttrice della Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Barberini ed a Palazzo Corsini in Roma.  Un museo di livello mondiale con opere tra le più celebri in assoluto, che ha avuto una vita lunga, ma un po’ complicata. Un museo di difficile conduzione perché sdoppiato in due sedi. Sedi prestigiosissime, ma distanti tra loro: Palazzo Barberini,  realizzato dai due geni del barocco romano Bernini e Borromini,  era anche sede del più importante Circolo Ufficiali d’Italia. Una splendida dimora, ma che relegava il museo in ali del palazzo distanti tra loro e su piani diversi. Una volta liberati gli spazi occupati dal Circolo Ufficiali e ristrutturati i percorsi museali in una chiave più razionale, la direttrice, preso atto del mutato atteggiamento del visitatore contemporaneo, molto curioso, ma in genere poco preparato, ha dovuto ricorrere ad artifici per agganciare l’attenzione del visitatore, facendo anche particolare attenzione ai visitatori più piccoli, ma non per questo meno curiosi ed interessati.

Ecco poi un caso particolare che rivela la grande attenzione dei moderni direttori di musei: la direttrice ha notato che i visitatori con sindrome di autismo dopo aver guardato anche per pochi secondi un’opera d’arte ricordano in seguito con   stupefacente precisione particolari dell’opera che possono essere sfuggiti persino agli esperti. Potrebbe essere l’occasione per gratificare quelle speciali persone, dando loro l’opportunità di descrivere ai compagni ciò che loro “supervedono”.

Come è emerso dalle due conferenze: museo sì, ma non solo museo. Molto, molto altro ancora.

Giuseppe Perotti


...e dopo il “Te Deum”, si cambi marcia!

Dopo straordinario ritrovamento dei diciassette quadri sottratti al Museo di Castelvecchio la sera del 19 novembre 2015 ha suscitato in tutti gli Amici dei Musei di Verona una grande gioia.
Una liberazione dal senso di cupa oppressione che aveva attanagliato tutti noi.
Il furto, oltre al danno materiale difficilmente quantificabile con gli scarni numeri di una contabilità assicurativa, aveva provocato un senso di umiliazione in coloro che hanno una particolare attenzione per tutto ciò che esprime bellezza e che desiderano venga protetto e conservato per le generazioni future.
È importante ricordare che solo attraverso lo studio e la visione del bello che è stato realizzato nel passato, i nostri discendenti potranno avere una traccia concreta ed un sicuro indirizzo per i loro progetti di vita.
I figli di un Paese senza testimonianze del passato faticano a pianificare il futuro e sono indotti a ripiegare su una fredda sopravvivenza ipertecnologica che si autoalimenta attraverso continui artifici e invenzioni applicative. Tale metodologia però tramuta il presente, “l’attimo fuggente”, in un passato non più utilizzabile, da rottamare.
Un vero spreco di preziose conoscenze.
Ecco perché il ritrovamento dei diciassette capolavori d’arte rubati non deve essere solo una grande gioia per gli Amici dei Musei, che per scelta volontaria sono tutti amanti delle Arti di ogni tipo e di ogni tempo, ma tutta la popolazione dovrebbe partecipare a questo gioioso evento con un interessamento che finora mi è sembrato piuttosto tiepido e distratto.
Per contro, lo scossone provocato da questo drammatico evento potrebbe essere l’occasione per rimeditare sullo stato di fruizione de “Il bello in Italia” da parte di noi italiani, ma anche degli stranieri.
L’Italia, come ha ricordato Andrea Costa in un recente articolo su “Espansione”, da primo Paese al mondo visitato negli anni ’50 del XX secolo, oggi si trova al quinto posto, con un trend calante.
Abbiamo il più alto numero di siti proclamati dall’Unesco in assoluto, ma non abbiamo più le capacità di attrarre turisti interessati alla loro conoscenza.
La scelta in Italia di Paesaggi, Città d’arte, Siti, Musei è per qualità e preziosità sterminata.
Allora perché le statistiche ci ricordano che l’Italia non è più attraente come prima? O meglio, perché l’Italia è rimasta al palo, mentre altri Paesi, concorrenti storici come Francia, Stati Uniti, Spagna, ma anche new entry a vocazione turistica emergente come Cina, Inghilterra, Germania ci stanno superando?
Se delimitiamo la nostra osservazione ai grandi musei italiani non si può non sottolineare che nel corso degli anni le strutture pubbliche ed i politici responsabili del settore abbiano tentato, nei limiti delle disponibilità finanziarie, di migliorare la struttura e la gestione degli stessi.
Ma purtroppo si è quasi sempre trattato di battaglie perse in partenza.
Stato o Enti locali, titolari della gestione dei musei, hanno sempre operato non attraverso interventi radicali e rapidi nel tempo, ma diluendo in tempi biblici interventi parziali e spesso in contrasto tra loro.
Un esempio emblematico: a Milano già negli anni settanta del secolo scorso si parlava della “Grande Brera”, cioè della fruizione di tutto il complesso architettonico braidense, compreso il piano terra, da sempre utilizzato dalla Accademia di Belle Arti, per allestire una grande pinacoteca di dimensioni e respiro mondiale atta ad accogliere degnamente l’incredibile e vasta collezione di dipinti famosi e preziosissimi che compongono tuttora il suo patrimonio.
A tutt’oggi l’Accademia di Belle Arti è ancora lì ed occupa tutti i locali del piano terra. Anzi, sono stati fatti importanti lavori di ristrutturazione e adeguamento per migliorare doverosamente la didattica e lo studio.
E la Pinacoteca, anch’essa oggetto, per la verità, in questi mesi di importanti e meritori lavori di ristrutturazione ed ammodernamento, continuerà a condividere con la celebre Biblioteca Braidense il solo piano superiore del glorioso palazzo milanese, già sede dei Gesuiti.
Un altro esempio di scarso coordinamento: lo scorso anno Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali, con una grande azione meritoria ha nominato venti nuovi direttori di importantissimi musei e siti culturali italiani, scegliendoli anche tra dirigenti di strutture non statali o addirittura provenienti dall’estero.
Un grande passo avanti ed una novità assoluta nella gestione della funzione pubblica.
Mi risulta però che uno di questi, lasciato il più piccolo, ma ben funzionante, museo che dirigeva, giunto nella prestigiosissima nuova sede, sia stato ricevuto da un buon numero di custodi, ma quasi nessun funzionario amministrativo. Evidentemente fino ad allora quella sede era particolarmente considerata per la sua capacità …occupazionale.
Ritornando al nostro più famigliare, ma non meno prezioso, Museo di Castelvecchio, il prossimo ritorno delle diciassette opere ricuperate, dovrà essere l’occasione per ricordare ai veronesi, a volte un po’ dimentichi, che essi vivono letteralmente adagiati su un numero incredibile di bellezze architettoniche, paesaggistiche e museali che pochissime città italiane, ma anche europee, possiedono; e che meritano di essere viste e riviste per meglio conoscere la propria città
Nello specifico, il Museo di Castelvecchio ha avuto l’opportunità, direi anche la fortuna, di essere stato ristrutturato radicalmente nella seconda metà del secolo scorso da un grandissimo architetto, oggi lo proclamerebbero una archistar: il veneziano Carlo Scarpa.
Ma sicuramente lui, homo faber costruttivo e laborioso, avrebbe rifiutato questo ampolloso titolo.
Trasformò una vecchia struttura museale in stile finto gotico, molto danneggiata dagli eventi bellici, dove le opere erano presentate attraverso una monotona e prevedibile sequenza, in una moderna, vibrante e coinvolgente esposizione museale, divenuta ben presto un modello per gli studiosi e gli appassionati di tutto il mondo.
Ancor oggi si vedono gruppi di studiosi, in particolare giapponesi, aggirarsi per il museo, ma anche per la città, per ammirare e analizzare le opere scarpiane di cui Verona si adorna.
Senza addentrarci in esami più approfonditi, basta rammentare la fuga delle cinque sale a piano terra che compongono la Galleria delle Sculture trecentesche per avere l’idea palpabile della grandezza di Carlo Scarpa nell’offrire al visitatore la possibilità di esaminare da vicino ed in modo suggestivo antiche sculture medioevali in marmo che in origine erano collocate in buie chiese e cattedrali molto più in alto e lontane dai fedeli.
Una interpretazione eccelsa, ma rispettosa della museologia.
Ma gli anni passano inesorabilmente e certe soluzioni tecnologiche scelte da Carlo Scarpa negli anni Sessanta del secolo scorso, allora ardite e all’avanguardia, sono oggi irrimediabilmente superate.
Gli stessi bellissimi accordi cromatici scelti da Carlo Scarpa per sottolineare ed esaltare l’architettura della Galleria delle Sculture, dal verde pallido dei soffitti in contrasto con il grigio cemento dei pavimenti, al bianco delle pareti, al rosa della pietra di Prun, con gli anni si sono notevolmente affievoliti.
Lo stesso progettista se fosse ancora tra noi sarebbe il primo a suggerire nuove più ardite e soddisfacenti soluzioni.
Il museo fu concepito per essere visitato nelle ore diurne, e quindi l’architetto diede massima importanza all’illuminazione naturale e alla collocazione delle opere in funzione della posizione delle finestre, previste con vetrate non schermate da tendaggi di alcun tipo.
Ma oggi il museo resta aperto al pubblico fino a sera, e a volte anche fino alle ore più tarde.
La qualità del pubblico è mutata e soprattutto la sua consistenza: è quindi opportuno e necessario adeguare molte strutture accessorie alle nuove esigenze.
Tralascio per ora di soffermarmi sull’ingrandimento, o il totale rifacimento, della sala di ingresso, della biglietteria, del book shop, dei servizi, per non parlare dell’inesistente caffetteria.
Ma suppongo che almeno l’illuminazione artificiale delle sale di esposizione potrebbe essere ammodernata con una certa urgenza.
Nella Galleria delle Sculture le piantane in ferro che sostengono le fonti luminose, disegnate da Carlo Scarpa sono un degno corollario alle sculture medioevali, perfettamente in linea con lo stile voluto dal Maestro.
Ma nel trascorrere di mezzo secolo le lampadine a incandescenza in vetro trasparente con filamento di tungsteno, che fornivano una luce calda giallo-rosata, sono state sostituite, credo anche per problemi di risparmio energetico, con sfere LED che emanano una luce freddissima (non meno di 5500 gradi Kelvin), che snaturano completamente il quadro ambientale cromatico, penalizzando il godimento visivo delle suggestive sculture, nate per essere viste al lume di candela dei luoghi sacri.
Un miglioramento dell’illuminazione della Galleria, reso possibile dagli enormi progressi fatti dall’illuminotecnica, che nell’ultimo decennio ha offerto soluzioni nuove ed ottimali a costi sempre più decrescenti, potrebbe rivitalizzare e rendere più attraente la sua visita.
Tralascio la descrizione delle plafoniere con …tubi al neon (poi sostituiti con tubi fluorescenti), che Carlo Scarpa adottò per le sale della pinacoteca al primo piano, essendo allora quanto di più moderno offriva l’industria dell’illuminazione.
Oggi la disponibilità di piccoli spot e di faretti alogeni o led (gli stessi che i bravissimi allestitori di mostre temporanee utilizzano già da tempo e su larga scala), potrebbero rendere più affascinanti e godibili le importanti e suggestive opere pittoriche e murali esposte nella Galleria al primo piano.
Giova ricordare che il Comune di Verona ha in attività operativa un Servizio allestimenti e manutenzione dei musei civici con valentissimi e capaci dirigenti e operatori che sono certamente in grado di progettare e realizzare migliorie di questo tipo.
Sono piccoli, ma fondamentali interventi a costi ragionevoli che il Comune di Verona, gioioso per l’insperato ritrovamento dei suoi diciassette capolavori rubati la sera del 17 novembre 2015, non si negherà certamente, offrendoli alla cittadinanza come riparazione morale alle inquietudini patite negli ultimi sei mesi.
Un gesto meritorio che avrebbe certamente una positiva eco, anche a livello internazionale.
Per richiamare infine più turisti qualificati in Italia, c’è tutto un altro discorso da fare, che coinvolge non tanto le singole città, come Verona, ma soprattutto le grandi Centrali Nazionali preposte a ciò.
Ma questa è un’altra storia.
Mi riprometto di parlarne in una prossima conversazione.

Giuseppe Perotti


Attività della primavera 2016

Cari Amici e gentili Amiche,

vi comunichiamo le prossime attività.

VENERDÌ 15 APRILE, ORE 15 – VERONA, SEDE DELLA BANCA POPOLARE DI VERONA

Accompagnati da Alba di Lieto e Ketty Bertolaso del Museo di Castelvecchio visiteremo la piccola mostra da loro allestita nella sede del Banco Popolare sulle recenti donazioni di 5 disegni di Carlo Scarpa da parte di Clotilde Venturi Scarazzai e Valter Rossetto, nostri cari Soci.
Nell’occasione con gli architetti Valter Rossetto e Stefano De Franceschi potremmo vedere anche alcune zone del progetto di Scarpa e il restauro delle facciate del cortile interno.

 

 SABATO 14 MAGGIO – MILANO: LA MOSTRA SU BOCCIONI E LA PINACOTECA DI BRERA

Al mattino, a Palazzo Reale, vedremo la mostra “Umberto Boccioni 1882-1916. Genio e memoria” curata da Francesca Rossi, che molti di voi ricorderanno per aver a lungo operato al Museo di Castelvecchio, una grande Amica della nostra associazione. Francesca Rossi, oggi responsabile conservatore del Gabinetto dei Disegni al Castello Sforzesco, da cui provengono molti dei disegni esposti nella mostra che celebra l’artista del Futurismo a cento anni dalla morte, ci accompagnerà nella visita.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo libero, nella Pinacoteca di Brera vedremo il “Primo dialogo tra Raffaello e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine”.

A presto!