Licisco Magagnato, un rivoluzionario mite. L’opinione di Giuseppe Perotti

Quando un personaggio illustre lascia questa Terra, i principali quotidiani pubblicano prontamente un articolo elogiativo sul defunto; elogio già predisposto e sempre diligentemente aggiornato dai giovani di redazione , che nel gergo tipografico va sotto il nome un po’ ironico di “coccodrillo”.

Ma a trent’anni dalla scomparsa quale ricordo rimane del personaggio?

Ebbene, assistendo il 17 ottobre alla commemorazione di un grande che ha operato per molti anni in Verona nel campo museale e scomparso nel 1987, la commozione di chi lo ha conosciuto personalmente, e l’interesse culturale di chi, come il sottoscritto, non ha avuto questo privilegio, hanno prevalso su ogni altra espressione dell’animo.

Paola Marini ricordando la luminosa figura di Licisco Magagnato, suo predecessore alla Direzione dei Musei civici veronesi, ma “Uomo dell’Arte” a tutto tondo, ha fatto rivivere con grande efficacia le grandi doti dello studioso.

Un uomo che pur facendo leva su un carattere mite e pacato riuscì fra l’altro a realizzare in Verona, e non solo, una epocale trasformazione ed uno svecchiamento di tutto ciò che ruotava attorno alle arti figurative ed alla loro fruizione museale.

Trasformò infatti datate strutture, come il Museo di Castelvecchio, da contenitore di opere d’arte ad una vera opera d’arte architettonica a se stante, grazie anche al sodalizio culturale e scientifico contratto con il grande architetto Carlo Scarpa e con i collaboratori della sua Scuola.

Per capire l’uomo di “alta cultura” Licisco Magagnato la relatrice ha dapprima ricordato la figura politica di Magagnato.

Iscritto al partito Repubblicano, un piccolo, ma importante partito laico di grande impatto morale ed intellettuale scomparso da molti anni, auspicò con altri iscritti, ma con scarso successo, la possibilità di un connubio tra socialismo e liberalismo.

Fornito quindi di una solida base di rettitudine e di serietà morale, iniziò la sua professione indirizzata alla gestione e alla direzione museale, concependola come una realtà che doveva soddisfare a tre capisaldi :

  • il ruolo ed il valore sociale del museo.
  • il rigore del mestiere e la sua artigianalità, conciliando la gestione e la valorizzazione del museo con l’attività di ricerca.
  • controllo critico e ironia, riscattando le difficoltà con lievità.

Vicentino di nascita, si interessò fin dagli anni universitari del Palladio e si laureò a Padova, avendo come relatore della tesi Sergio Bettini e della specializzazione Giuseppe Fiocco.

Una ricerca ed una passione culturale che lo accompagnò tutta la vita fu lo studio del Teatro Olimpico di Vicenza per il quale scrisse più di un lavoro all’inizio e al termine della sua carriera di studioso. Partecipò con altri colleghi veneti anche alla stesura di una fondamentale guida artistica di Vicenza, divenuta un classico del suo genere.

Nelle diverse città padane dove operò prima di stabilirsi a Verona, rimangono tracce del suo desiderio di aprire i musei locali alla città, creando una benefica osmosi tra la vecchia cultura accademica per pochi e il desiderio di molti di apprendere e capire il “bello” delle opere esposte nei musei.

Il primo museo da lui diretto fu quello di Bassano del Grappa, dove lasciò un segno tangibile attraverso il riordino e la valorizzazione del vastissimo patrimonio pittorico di Iacopo Bassano, dei suoi figli e della sua scuola, dei disegni, a cominciare da quelli di Antonio Canova e delle stampe dei Remondini.

Ma inizia anche un intenso intreccio di collegamenti con illustri docenti e studiosi dell’epoca (Ragghianti, Pallucchini, lo stesso suo relatore Fiocco) partecipando attivamente alla realizzazione di iniziative di restauro, studio ed esposizione che facevano leva sul patrimonio locale. Il giovane direttore del museo di Bassano si muove con perizia e disinvoltura tra le grandi Istituzioni d’arte venete, creando i presupposti per una loro ulteriore valorizzazione; come in effetti avvenne negli anni a venire.

Arrivato alla direzione di Castelvecchio, come primo intervento fece spostare direzione e uffici del museo dalla Torre San Zeno al sito accanto alle prime sale espositive, dove si trovano ancor oggi.

Un atto di buon senso e di avvicinamento agli ospiti visitatori.

È di quel periodo una prima valorizzazione del museo con l’acquisto da lui promosso e sollecitato di una importantissima opera del Tintoretto, tuttora esposta e di due belle e famose cere di Medardo Rosso, destinate alla Galleria d’Arte moderna di Verona.

Ma una volta ben avviata la sua direzione al museo fece pressione sulle autorità per dare una veste di moderna attualità al Museo, ribadendo il pensiero dell’allora direttore del museo del Castello Sforzescoa Milano Costantino Baroni, per il quale il museo moderno non doveva più essere una identità elitaria, ma “popolare e parlante”.

E finalmente, su un coacervo di ambientazioni pseudo antiche, tendenti a creare una presentazione teatrale delle opere esposte, il continuo dialogo e confronto tra Licisco Magagnato e Carlo Scarpa, coadiuvati da valenti ed appassionati collaboratori, dà vita ad un impianto espositivo ammirato ancor oggi, a oltre mezzo secolo dalla sua realizzazione (1964), come una vera opera d’arte architettonica a se stante.

Una struttura che esalta e nel contempo vivifica la visione delle opere antiche esposte.

Il museo, inteso come un microcosmo autonomo, viene completato da strutture integrative fondamentali quali una biblioteca specializzata, un gabinetto fotografico, un laboratorio di restauro.

Licisco Magagnato, conscio dell’importanza del lavoro di ristrutturazione fatto con Carlo Scarpa, si preoccupa di raccogliere e conservare tutti i disegni dell’architetto e dei suoi collaboratori; ed oggi Alba Di Lieto, già allora giovanissima collaboratrice del gruppo, ne è il conservatore.

L’eco del lavoro di Scarpa e Magagnato è immediato, ed altri cercano di seguire lo stesso indirizzo restaurativi, anche se in opere meno grandiose di Castelvecchio.

Magagnato è l’esempio di manager moderno che confronta in continuità il suo lavoro, le sue idee con quelle di altri studiosi italiani ed esteri, per trarre dai confronti il meglio su cui operare.

Ma oltre all’opera più significativa, tutto il sistema museale veronese viene da lui rivisitato e reso fruibile alle mutate esigenze dei visitatori.

Nasce nel 1973 il Museo degli Affreschi, omaggio alla Verona di un tempo, la celebre Urbs picta. E sotto la sua direzione prendono nuova vita, grazie a valenti collaboratori scelti tra i migliori studiosi del settore, il Museo archeologico ed il Lapidario maffeiano (1982).
Licisco Magagnato ebbe l’indiscutibile merito di anteporre ad ogni iniziativa di miglioramento e di ristrutturazione dei musei veronesi un controllo critico e scientifico.

Ma il prof. Magagnato non fu solo direttore. Si attivò sempre per vitalizzare e rendere effervescente la cultura veronese di quegli anni, aprendola, fra l’altro, ad una corrente di turismo culturale molto importante, attraverso la realizzazione di numerosissime mostre ed eventi culturali temporanei che ebbero sede sia nei musei comunali che in altre sedi cittadine con disponibilità di ampi spazi espositivi.
L’elenco completo di queste manifestazioni è impressionante e spazia dalle arti primitive alle arti applicate; dall’arte popolare alle tecniche artistiche, su su fino a mostre che andavano a valorizzare nuovi artisti o che consacravano grandi pittori e scultori stranieri, ma anche italiani del ‘900, forse fino ad allora ancora non sufficientemente conosciuti.

Sono eventi che lasciano un’eco profonda, ed ancora oggi i critici li ricordano nei loro scritti come tappe fondamentali per una più compiuta conoscenza di tanti artisti e per far luce sui momenti chiave della storia dell’arte sia in Italia e che nel mondo.

Si può ben affermare che sotto la cortese, ma decisa spinta propulsiva impressa da Licisco Magagnato ad ogni evento artistico da lui pensato e realizzato, Verona fu promossa al rango di una vera “città d’arte”, qualifica fino ad allora assegnata a Venezia ed a pochissime altre città italiane.

Nel 1967 Magagnato diventa il primo docente in Storia dell’Arte della giovanissima Università di Verona, a conferma della vasta e profonda conoscenza conseguita attraverso lo studio e l’applicazione pratica sul campo.
A riprova di ciò va ricordato che fu uno dei fautori, ma anche docente dei corsi serali di Educazione artistica in Verona. Uno dei rari politici che seppe mettere in pratica gli ideali per i quali si era battuto, collaudandoli di persona.

Tra le tante cose che avrebbe voluto fare, ma rimasero solo in bozza, ricordiamo una Rivista per il Museo, il Catalogo Generale delle opere di Castelvecchio e l’Associazione degli Amici dei Musei.
Progetti che i suoi successori hanno portato a compimento nel suo ricordo.

Su Licisco Magagnato si potrebbero consumare fiumi di inchiostro, tanti e fondamentali furono i problemi da lui affrontati e portati a termine nella conduzione del Museo di Castelvecchio e nelle molte altre iniziative culturali e artistiche.

Ma il suo pensiero può venir sintetizzato da una frase da lui stesso pronunciata: «Ciò che distingue il carattere di certi musei “minori” italiani non è nella quantità delle opere e delle collezioni di cui essi sono costituiti, ma il loro rapporto con la città in cui hanno sede».

Una frase che potrebbe essere adottata come griffe dagli Amici dei Musei di Verona, a cui ci onoriamo di appartenere.

 

Giuseppe Perotti

 

P.S. L’autore di questa nota si domanda come a distanza di trent’anni dalla morte di un italiano così importante, che ha onorato Verona con opere ed atti tra i più belli e significativi del XX secolo, le Amministrazioni Comunali succedutesi negli anni non abbiano pensato di dedicargli una via, una piazza, un vicolo cieco, o almeno quel ritaglio di piazzetta acciottolata sul lato destro dell’ingresso del Teatro Romano, con un solo numero civico, proprio quello che dava ingresso dal giardino alla antica palazzina ove abitava… Licisco Magagnato con la sua famiglia.
Potrebbe l’attuale Amministrazione Comunale, di recentissimo insediamento, prendere in esame la richiesta e se nulla osta magari approvarla e darne attuazione? Grazie.


Resoconto Assemblea Annuale Soci del 12 giugno 2017

Carissimi Amici e carissime Amiche,

vorrei comunicare ai soci che non hanno potuto partecipare alla Assemblea Annuale del 12 giugno il resoconto delle attività svolte durante l’ultimo anno. Inizio dall’ultimo impegno: il Congresso Mondialedegli Amici dei Musei, WFFM 2017.

Molti di voi erano presenti ai lavori e si sono resi conto dell’alto livello dei relatori e dei moderatori. Qui a Verona nella splendida Sala Maffeiana, messa a disposizione dalla Accademia Filarmonica – che ancora ringrazio nella persona del suo presidente Luigi Tuppini – si è svolto l’importante confronto dal titolo ‘Gli Amici dei Musei visti dai musei’.

Chi meglio della nostra Paola Marini poteva fare da moderatore?

Sarà poi il turno di Giulia Adami, giovane storica dell’arte specializzata in Storia del Restauro, che esplorerà le potenzialità ancora inespresse della nostra città come museo a cielo aperto alla luce dei recenti interventi di restauro eseguiti su alcuni palazzi storici. A seguire, Alberto Vignolo, architetto e direttore di Architetti Verona, ci accompagnerà alla scoperta di H Farm Campus, polo innovativo alle porte della laguna di Venezia, oggetto di un intervento di recupero all’interno del quale balza agli occhi la biblioteca progettata da Richard Rogers. Infine, Pietro Trincanato, storico e coordinatore del Gruppo Giovani dell’associazione, dedicherà la sua chiacchierata al rapporto tra Dante e Verona nell’Ottocento, per collegarsi alle celebrazioni del 700 anniversario della morte del Poeta.

Gli incontri, gratuiti e accessibili senza bisogno di registrazione o credenziali, saranno disponibili sul canale YouTube e sulla pagina Facebook del Gruppo Giovani degli Amici dei Musei Civici.

 

Tiziana Maffei, presidente ICOM Italia (International Council of Museums) ha parlato del rilancio attraverso il digitale come linea guida per tutte le istituzioni museali, del museo come luogo di azione, della necessità di creare delle associazioni di musei territoriali. Ha ricordato la giornata mondiale ICOM e l’esigenza di creare un ponte tra la stessa ICOM e tutte le associazioni di volontariato che sostengono il nostro patrimonio culturale.

Abbiamo poi avuto l’onore della presenza di Eike Schmidt, direttore della Galleria degli Uffizi. Schmidt ha sottolineato il concetto della parola amicizia come sodalitas e non utilitas: è la passione che deve spingere le nostre associazioni. Ha poi ricordato l’importanza del fundraising, l’esigenza di coinvolgere i bambini fin dall’età scolare per trasmettere loro l’amore e il rispetto dei beni culturali. Ha distinto poi due fasce di sostenitori gli Stewardship (associazioni di Amici volontari come la nostra) e i Membership(sponsor privati e istituzionali gestiti dal museo).

Come altro spunto ha riferito che le lunghe e famose code per entrare agli Uffizi non ci sono durante i mesi invernali e che solo il 40% dei fiorentini ha visitato il museo e da qui la necessità di studiare e razionalizzare i flussi dei visitatori. L’arte contemporanea deve entrare nei musei tradizionali proprio per rileggere le nostre collezioni.

Sono seguiti interessanti contributi dalle varie parti del mondo: da Alexandra Davydova, direttore dell’International Hermitage Friends Club di San Pietroburgo, a Daniel Ben Natan vice presidente del Israel Museum di Gerusalemme.

Nella seconda sezione – con moderatore l’ambasciatore Minuto Rizzo –  si è approfondito il tema del mecenatismo con una brillante relazione di Stefano Baia Curioni professore di Analisi delle Politiche e Management Pubblico alla Bocconi e consigliere del ministro Franceschini, e la situazione in cui versa il Museo di Doccia da parte di Livia Frescobaldi.

Il Congresso Mondiale è stato certamente un successo, ha visto la partecipazione di delegazioni di tutto il mondo, di interventi di personalità di altissimo livello culturale e ha dato anche alle due splendide città Mantova e Verona – patrimonio Unesco – il modo di presentarsi unite a un pubblico così illustre e al tempo stesso coinvolto dalla passione verso i musei.

Ringrazio ancora il Comune e la Direzione dei Musei per aver permesso la gratuità di ingresso ai congressisti, e gli sponsor: la Index SpA di Luigi Carlon e la Accademia Filarmonica di Verona che ha concesso la disponibilità della Sala Maffeiana.

Il 20 maggio in concomitanza del Congresso Mondiale abbiamo inaugurato la mostra del quadro di Matelica a Castelvecchio alla presenza del Prefetto Fabio Carapezza Guttuso capo dell’Unità di crisi del MIBACT, e di Alessandro Del Priori, sindaco di Matelica.

Rispondendo all’appello del Ministero e volendo dare un segno concreto di aiuto alle zone colpite dal sisma, gli Amici dei Civici Musei di Verona insieme agli Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani hanno sostenuto il restauro dell’opera di Sebastiano Conca Madonna col Bambino e San Giovannino della collezione del Museo Piersanti di Matelica, danneggiata dal terremoto.

Il dipinto resterà esposto in Sala Boggian fino a settembre.

E’ stata inoltre aperta una raccolta fondi internazionale per il sostegno ad ulteriori progetti di recupero e restauro nelle zone terremotate attraverso la FIDAM.

L’Assemblea ha approvato all’unanimità il bilancio consuntivo 2016 e il bilancio di previsione 2017.

Per il rinnovo delle cariche la Assemblea ha approvato all’unanimità la proposta di prorogare di sei mesi l’attuale Consiglio Direttivo e il Collegio dei Revisori dei Conti che verranno quindi rinnovati a fine anno durante una Assemblea dedicata.

Grazie a tutto il Consiglio Direttivo, ai Revisori, a Fulvia e a tutti voi Amici.

 

Un augurio di Buona Estate,

Isa di Canossa


Tutti pronti per il Congresso mondiale?

Lunedì 4 aprile ha avuto luogo presso la Sala Consiliare del Municipio di Mantova la conferenza stampa per la presentazione del XVI Congresso Mondiale degli Amici dei Musei, un evento di grande rilievo internazionale che sarà ospitato dal 17 al 21 maggio 2017 nelle città di MantovaVerona. La nostra Associazione, insieme agli Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, ha avuto l’onore dell’organizzazione per conto della federazione nazionale FIDAM , e la proposta è stata accolta con vivo apprezzamento da Ekkehard Nümann, presidente della Federazione Mondiale degli Amici dei musei (WFFM) che raccoglie l’adesione di circa 50 tra Federazioni Nazionali e Associazioni provenienti da paesi di tutti i continenti.

(guarda qui il servizio del telegiornale)

Il Congresso attirerà a Mantova e a Verona l’attenzione di personalità culturali e manageriali che sostengono e supportano strutture museali di tutto il mondo e vedrà la partecipazione di esperti e di delegazioni internazionali di Amici dei Musei, creando un momento di importante confronto di diverse professionalità, culture e nazionalità da tutti i continenti. L’evento vedrà la cooperazione tra pubblico e privato non solo nei temi sviluppati ma anche nella scelta dei luoghi di incontro. Sarà inoltre data particolare attenzione ai Giovani Amici dei Musei con un programma a loro dedicato: giovani amici dei musei provenienti da tutto il mondo potranno partecipare ai lavori grazie al sostegno delle borse di studio “Luigi Bossi Scholarships”, e saranno accolti dal Gruppo Giovani degli Amici dei Musei di Verona. Il programma per gli under 35, il primo ufficiale in occasione un congresso triennale della WFFM,  si dividerà tra i workshop del congresso e alcune attività riservate, nel corso delle quali daranno vita ad un documento programmatico – la Carta di Verona – finalizzato a fondare una nuova federazione giovanile mondiale. Verrà inoltre presentata ufficialmente la neonata Associazione Giovani Amici dei Musei d’Italia (GAMI). Il Congresso ha ricevuto il Patrocinio del Comune di Verona, del Comune di Mantova e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Per ulteriori informazioni e conoscere l’intero programma del congresso visitate il sito www.wffm2017.eu, attraverso il quale è possibile anche effettuare l’iscrizione, che per i nostri iscritti prevede una tariffa preferenziale.


GAUDEAMUS IGITUR

Tutto è bene quel che finisce bene.
Finalmente i diciassette capolavori rubati lo scorso anno sono rientrati a Castelvecchio!

Pare anche che siano in discrete condizioni, visto che nell’arco di tredici mesi hanno subito maltrattamenti e violenze di vario tipo, trasferimenti in condizioni assolutamente precarie e accantonamenti in rifugi umidi e inadatti. Se pensiamo al rischio reale che fossero scomparsi per sempre, o che fossero ritornati in condizioni pietose, dobbiamo doppiamente rallegrarci.

Ciò nondimeno il lieto fine non deve certo risolversi unicamente in un sospiro di sollievo e in una prevedibile processione di curiosi che fino ad ora si sono poco o per nulla interessati al Museo di Castelvecchio, ma che l’eclatante fatto di cronaca ha reso di colpo popolare e molto trendy il visitarlo.

I quadri verranno accuratamente analizzati dai tecnici, amorevolmente rimessi nelle condizioni originali da sapienti restauratori e finalmente ricollocati là dove Carlo Scarpa lo aveva indicato.

Ma non finisce lì.

Il Comune di Verona, proprietario delle opere e gestore del Museo di Castelvecchio dovrà aggiornare e rendere più efficaci i sistemi di custodia, non solo nell’impiantistica che pare sia già piuttosto moderna e affidabile, ma nella gestione sicura e certa del sistema di sicurezza.

Il prossimo anno si rinnoverà il Consiglio Comunale di Verona e verrà eletto un nuovo Sindaco. Sarà opportuno che costui ripristini l’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona, una struttura che manca da cinque anni. Verona è una città che brilla ai primi posti in Europa per l’offerta turistica a tutto campo e per la ricchezza del suo patrimonio artistico e paesaggistico, fortunatamente preservato dagli sconsiderati assalti modernistici di alcuni decenni fa.

Auspichiamo un Assessorato che torni a diventare il motore propulsivo e regolatore delle molte attività artistiche ad alto livello che caratterizzano Verona. Sarà l’occasione per far conoscere ai turisti, ma anche ai veronesi, che oltre all’universale Giulietta e al suo balcone, c’è di più, molto di più.

Per la città di Verona la deriva “cheap” che sta ormai condizionando il turismo veneziano di massa, nonostante la dura resistenza che i pochi veneziani di cultura stanno combattendo, non è un  esempio da imitare. E gli Amici dei Musei di Verona che in questi interminabili tredici mesi hanno contribuito non poco a tener sveglia nell’opinione pubblica l’attenzione e la speranza, dovranno ora farsi tangibilmente partecipi del rilancio culturale del Museo di Castelvecchio.

Una concreta e felice partecipazione potrebbe essere quella di immedesimarsi materialmente nelle opere ritrovate, “adottando” da parte di un singolo o di un gruppo di associati una delle diciassette opere rientrate dall’Ucraina e contribuire al costo del suo restauro e del ripristino alle condizioni originali. Ho già inviato la mia personale disponibilità alla Direzione del Museo per il restauro di un certo quadro, ricevendone una gradita accettazione.

Di quale opera pittorica si tratta?

Indovinatelo!

Giuseppe Perotti


Attività autunno-inverno 2016

Cari Amici e gentili Amiche,

Vi comunichiamo ora le prossime visite culturali con gli Amici.

giovedì 27 ottobre 2016 – Verona, Palazzo della Gran Guardia 

Ci incontreremo alle ore 17.15 alla biglietteria del Palazzo della Gran Guardia per visitare insieme la mostra “Maya. Il linguaggio della bellezza”.

sabato 12 novembre 2016 – Ferrara e Rovigo

Al mattino, a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, visiteremo la mostra “Orlando furioso. 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi”, con la guida.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo libero, ci trasferiremo a Rovigo, dove visiteremo, sempre con la guida, la mostra a Palazzo Roverella I Nabis, Gauguin e la pittura italiana d’avanguardia”.

Ci accompagnerà la nostra giovane socia Giulia Adami.

sabato 19 novembre 2016 – Verona, Museo di Castelvecchio

Inaugurazione della mostra “Balestra. Nel segno della grazia” in Sala Boggian. La mostra dossier, curata da Andrea Tomezzoli, approfondisce il ruolo rinnovatore del pittore veronese nell’ambito della pittura veneta settecentesca.

giovedì 1 dicembre 2016 – Verona

La nostra consueta cena per i saluti e gli auguri prima della pausa per le festività natalizie. In questa occasione potrete anche rinnovare la quota associativa per il prossimo anno.

All’inizio del nuovo anno visiteremo la mostra “Picasso. Figure (1906-1971)”, al museo AMO-Palazzo Forti di Verona.

Con i più cordiali saluti, a presto.

Isa di Canossa e Francesco Monicelli


...e dopo il “Te Deum”, si cambi marcia!

Dopo straordinario ritrovamento dei diciassette quadri sottratti al Museo di Castelvecchio la sera del 19 novembre 2015 ha suscitato in tutti gli Amici dei Musei di Verona una grande gioia.
Una liberazione dal senso di cupa oppressione che aveva attanagliato tutti noi.
Il furto, oltre al danno materiale difficilmente quantificabile con gli scarni numeri di una contabilità assicurativa, aveva provocato un senso di umiliazione in coloro che hanno una particolare attenzione per tutto ciò che esprime bellezza e che desiderano venga protetto e conservato per le generazioni future.
È importante ricordare che solo attraverso lo studio e la visione del bello che è stato realizzato nel passato, i nostri discendenti potranno avere una traccia concreta ed un sicuro indirizzo per i loro progetti di vita.
I figli di un Paese senza testimonianze del passato faticano a pianificare il futuro e sono indotti a ripiegare su una fredda sopravvivenza ipertecnologica che si autoalimenta attraverso continui artifici e invenzioni applicative. Tale metodologia però tramuta il presente, “l’attimo fuggente”, in un passato non più utilizzabile, da rottamare.
Un vero spreco di preziose conoscenze.
Ecco perché il ritrovamento dei diciassette capolavori d’arte rubati non deve essere solo una grande gioia per gli Amici dei Musei, che per scelta volontaria sono tutti amanti delle Arti di ogni tipo e di ogni tempo, ma tutta la popolazione dovrebbe partecipare a questo gioioso evento con un interessamento che finora mi è sembrato piuttosto tiepido e distratto.
Per contro, lo scossone provocato da questo drammatico evento potrebbe essere l’occasione per rimeditare sullo stato di fruizione de “Il bello in Italia” da parte di noi italiani, ma anche degli stranieri.
L’Italia, come ha ricordato Andrea Costa in un recente articolo su “Espansione”, da primo Paese al mondo visitato negli anni ’50 del XX secolo, oggi si trova al quinto posto, con un trend calante.
Abbiamo il più alto numero di siti proclamati dall’Unesco in assoluto, ma non abbiamo più le capacità di attrarre turisti interessati alla loro conoscenza.
La scelta in Italia di Paesaggi, Città d’arte, Siti, Musei è per qualità e preziosità sterminata.
Allora perché le statistiche ci ricordano che l’Italia non è più attraente come prima? O meglio, perché l’Italia è rimasta al palo, mentre altri Paesi, concorrenti storici come Francia, Stati Uniti, Spagna, ma anche new entry a vocazione turistica emergente come Cina, Inghilterra, Germania ci stanno superando?
Se delimitiamo la nostra osservazione ai grandi musei italiani non si può non sottolineare che nel corso degli anni le strutture pubbliche ed i politici responsabili del settore abbiano tentato, nei limiti delle disponibilità finanziarie, di migliorare la struttura e la gestione degli stessi.
Ma purtroppo si è quasi sempre trattato di battaglie perse in partenza.
Stato o Enti locali, titolari della gestione dei musei, hanno sempre operato non attraverso interventi radicali e rapidi nel tempo, ma diluendo in tempi biblici interventi parziali e spesso in contrasto tra loro.
Un esempio emblematico: a Milano già negli anni settanta del secolo scorso si parlava della “Grande Brera”, cioè della fruizione di tutto il complesso architettonico braidense, compreso il piano terra, da sempre utilizzato dalla Accademia di Belle Arti, per allestire una grande pinacoteca di dimensioni e respiro mondiale atta ad accogliere degnamente l’incredibile e vasta collezione di dipinti famosi e preziosissimi che compongono tuttora il suo patrimonio.
A tutt’oggi l’Accademia di Belle Arti è ancora lì ed occupa tutti i locali del piano terra. Anzi, sono stati fatti importanti lavori di ristrutturazione e adeguamento per migliorare doverosamente la didattica e lo studio.
E la Pinacoteca, anch’essa oggetto, per la verità, in questi mesi di importanti e meritori lavori di ristrutturazione ed ammodernamento, continuerà a condividere con la celebre Biblioteca Braidense il solo piano superiore del glorioso palazzo milanese, già sede dei Gesuiti.
Un altro esempio di scarso coordinamento: lo scorso anno Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali, con una grande azione meritoria ha nominato venti nuovi direttori di importantissimi musei e siti culturali italiani, scegliendoli anche tra dirigenti di strutture non statali o addirittura provenienti dall’estero.
Un grande passo avanti ed una novità assoluta nella gestione della funzione pubblica.
Mi risulta però che uno di questi, lasciato il più piccolo, ma ben funzionante, museo che dirigeva, giunto nella prestigiosissima nuova sede, sia stato ricevuto da un buon numero di custodi, ma quasi nessun funzionario amministrativo. Evidentemente fino ad allora quella sede era particolarmente considerata per la sua capacità …occupazionale.
Ritornando al nostro più famigliare, ma non meno prezioso, Museo di Castelvecchio, il prossimo ritorno delle diciassette opere ricuperate, dovrà essere l’occasione per ricordare ai veronesi, a volte un po’ dimentichi, che essi vivono letteralmente adagiati su un numero incredibile di bellezze architettoniche, paesaggistiche e museali che pochissime città italiane, ma anche europee, possiedono; e che meritano di essere viste e riviste per meglio conoscere la propria città
Nello specifico, il Museo di Castelvecchio ha avuto l’opportunità, direi anche la fortuna, di essere stato ristrutturato radicalmente nella seconda metà del secolo scorso da un grandissimo architetto, oggi lo proclamerebbero una archistar: il veneziano Carlo Scarpa.
Ma sicuramente lui, homo faber costruttivo e laborioso, avrebbe rifiutato questo ampolloso titolo.
Trasformò una vecchia struttura museale in stile finto gotico, molto danneggiata dagli eventi bellici, dove le opere erano presentate attraverso una monotona e prevedibile sequenza, in una moderna, vibrante e coinvolgente esposizione museale, divenuta ben presto un modello per gli studiosi e gli appassionati di tutto il mondo.
Ancor oggi si vedono gruppi di studiosi, in particolare giapponesi, aggirarsi per il museo, ma anche per la città, per ammirare e analizzare le opere scarpiane di cui Verona si adorna.
Senza addentrarci in esami più approfonditi, basta rammentare la fuga delle cinque sale a piano terra che compongono la Galleria delle Sculture trecentesche per avere l’idea palpabile della grandezza di Carlo Scarpa nell’offrire al visitatore la possibilità di esaminare da vicino ed in modo suggestivo antiche sculture medioevali in marmo che in origine erano collocate in buie chiese e cattedrali molto più in alto e lontane dai fedeli.
Una interpretazione eccelsa, ma rispettosa della museologia.
Ma gli anni passano inesorabilmente e certe soluzioni tecnologiche scelte da Carlo Scarpa negli anni Sessanta del secolo scorso, allora ardite e all’avanguardia, sono oggi irrimediabilmente superate.
Gli stessi bellissimi accordi cromatici scelti da Carlo Scarpa per sottolineare ed esaltare l’architettura della Galleria delle Sculture, dal verde pallido dei soffitti in contrasto con il grigio cemento dei pavimenti, al bianco delle pareti, al rosa della pietra di Prun, con gli anni si sono notevolmente affievoliti.
Lo stesso progettista se fosse ancora tra noi sarebbe il primo a suggerire nuove più ardite e soddisfacenti soluzioni.
Il museo fu concepito per essere visitato nelle ore diurne, e quindi l’architetto diede massima importanza all’illuminazione naturale e alla collocazione delle opere in funzione della posizione delle finestre, previste con vetrate non schermate da tendaggi di alcun tipo.
Ma oggi il museo resta aperto al pubblico fino a sera, e a volte anche fino alle ore più tarde.
La qualità del pubblico è mutata e soprattutto la sua consistenza: è quindi opportuno e necessario adeguare molte strutture accessorie alle nuove esigenze.
Tralascio per ora di soffermarmi sull’ingrandimento, o il totale rifacimento, della sala di ingresso, della biglietteria, del book shop, dei servizi, per non parlare dell’inesistente caffetteria.
Ma suppongo che almeno l’illuminazione artificiale delle sale di esposizione potrebbe essere ammodernata con una certa urgenza.
Nella Galleria delle Sculture le piantane in ferro che sostengono le fonti luminose, disegnate da Carlo Scarpa sono un degno corollario alle sculture medioevali, perfettamente in linea con lo stile voluto dal Maestro.
Ma nel trascorrere di mezzo secolo le lampadine a incandescenza in vetro trasparente con filamento di tungsteno, che fornivano una luce calda giallo-rosata, sono state sostituite, credo anche per problemi di risparmio energetico, con sfere LED che emanano una luce freddissima (non meno di 5500 gradi Kelvin), che snaturano completamente il quadro ambientale cromatico, penalizzando il godimento visivo delle suggestive sculture, nate per essere viste al lume di candela dei luoghi sacri.
Un miglioramento dell’illuminazione della Galleria, reso possibile dagli enormi progressi fatti dall’illuminotecnica, che nell’ultimo decennio ha offerto soluzioni nuove ed ottimali a costi sempre più decrescenti, potrebbe rivitalizzare e rendere più attraente la sua visita.
Tralascio la descrizione delle plafoniere con …tubi al neon (poi sostituiti con tubi fluorescenti), che Carlo Scarpa adottò per le sale della pinacoteca al primo piano, essendo allora quanto di più moderno offriva l’industria dell’illuminazione.
Oggi la disponibilità di piccoli spot e di faretti alogeni o led (gli stessi che i bravissimi allestitori di mostre temporanee utilizzano già da tempo e su larga scala), potrebbero rendere più affascinanti e godibili le importanti e suggestive opere pittoriche e murali esposte nella Galleria al primo piano.
Giova ricordare che il Comune di Verona ha in attività operativa un Servizio allestimenti e manutenzione dei musei civici con valentissimi e capaci dirigenti e operatori che sono certamente in grado di progettare e realizzare migliorie di questo tipo.
Sono piccoli, ma fondamentali interventi a costi ragionevoli che il Comune di Verona, gioioso per l’insperato ritrovamento dei suoi diciassette capolavori rubati la sera del 17 novembre 2015, non si negherà certamente, offrendoli alla cittadinanza come riparazione morale alle inquietudini patite negli ultimi sei mesi.
Un gesto meritorio che avrebbe certamente una positiva eco, anche a livello internazionale.
Per richiamare infine più turisti qualificati in Italia, c’è tutto un altro discorso da fare, che coinvolge non tanto le singole città, come Verona, ma soprattutto le grandi Centrali Nazionali preposte a ciò.
Ma questa è un’altra storia.
Mi riprometto di parlarne in una prossima conversazione.

Giuseppe Perotti


Attività della primavera 2016

Cari Amici e gentili Amiche,

vi comunichiamo le prossime attività.

VENERDÌ 15 APRILE, ORE 15 – VERONA, SEDE DELLA BANCA POPOLARE DI VERONA

Accompagnati da Alba di Lieto e Ketty Bertolaso del Museo di Castelvecchio visiteremo la piccola mostra da loro allestita nella sede del Banco Popolare sulle recenti donazioni di 5 disegni di Carlo Scarpa da parte di Clotilde Venturi Scarazzai e Valter Rossetto, nostri cari Soci.
Nell’occasione con gli architetti Valter Rossetto e Stefano De Franceschi potremmo vedere anche alcune zone del progetto di Scarpa e il restauro delle facciate del cortile interno.

 

 SABATO 14 MAGGIO – MILANO: LA MOSTRA SU BOCCIONI E LA PINACOTECA DI BRERA

Al mattino, a Palazzo Reale, vedremo la mostra “Umberto Boccioni 1882-1916. Genio e memoria” curata da Francesca Rossi, che molti di voi ricorderanno per aver a lungo operato al Museo di Castelvecchio, una grande Amica della nostra associazione. Francesca Rossi, oggi responsabile conservatore del Gabinetto dei Disegni al Castello Sforzesco, da cui provengono molti dei disegni esposti nella mostra che celebra l’artista del Futurismo a cento anni dalla morte, ci accompagnerà nella visita.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo libero, nella Pinacoteca di Brera vedremo il “Primo dialogo tra Raffaello e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine”.

A presto!


Spunti di riflessione sul Cimitero verticale

Cari Amici,

nell’ambito dell’acceso dibattito cittadino sul controverso progetto del Cimitero verticale, la nostra consigliera Anna Chiara Tommasi ci propone due interessanti articoli apparsi negli ultimi giorni a firma di Tomaso Montanari e di Camilla Bertoni. Potete visualizzarli in formato pdf attraverso i link che seguono:

Il cimitero verticale. La città di Giulietta fa affari con la morte diTomaso Montanari «La Repubblica» del 24.11.2014

Cimitero verticale, sepoltura anche dal Fai» di Camilla Bertoni «il Corriere di Verona» del 26.11.2014