Mostre a Milano - 22 gennaio 2022

Il nuovo anno si apre all'insegna delle grandi mostre per gli Amici!

Sabato 22 gennaio la nostra associazione sarà a Milano per una giornata di visite.

Inizieremo al mattino con Grand Tour. Sogno d'Italia da Venezia a Pompei, alle Gallerie d'Italia. Un viaggio emozionante fra opere e oggetti d'arte provenienti da importanti collezioni italiane ed estere per scoprire un’Italia amata e sognata da generazioni di viaggiatori europei che si riconoscevano in una cultura comune di cui proprio il nostro Paese era stato per secoli il grande laboratorio.

Di seguito, visiteremo la mostra Realismo Magico, ospitata a Palazzo Reale e curata da Gabriella Belli e Valerio Terraroli. Una grande esposizione che, a trent'anni di distanza dall'ultima mostra dedicata a questo Movimento, torna a prendere in considerazione una stagione culturale, intellettuale e artistica - quella compresa fra le due guerre mondiali - a lungo negletta e condannata a una sorta di damnatio memoriaema riscoperta in tempi recenti.

Dopo pranzo, ci trasferiremo per vedere la mostra Maurizio Cattelan. Breath Ghosts Blind nella sede del Museo d'Arte Contemporanea Pirelli HangarBicocca e le opere della collezione permanente I Sette Palazzi Celesti 2004-2015, di Anselm Kiefer.

Per informazioni e prenotazioni contattate la nostra Segreteria.


A Castelvecchio i vetri di Carlo Scarpa

Cari Amici,
venerdì 22 novembre, alle ore 17.30, siamo tutti invitati all’inaugurazione della nuova mostra del Museo di Castelvecchio dedicata a “Carlo Scarpa. Vetri e Disegni. 1925-1931“.

La presentazione della mostra sarà ospitata nella Sala Maffeiana dell’Accademia Filarmonica, dalla quale si proseguirà con la visita in Sala Boggian.

L’esposizione, a cura di Marino Barovier, tra i più reputati esperti dell’arte vetraria muranese, assieme ad Alba Di Lieto e Ketty Bertolaso, nasce della collaborazione con Le Stanze del Vetro e Pentagram Stiftung e porterà a Verona il frutto della collaborazione fra il grande architetto veneziano e la vetreria M.V.M. Cappellin & C. tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso.

In mostra oltre una sessantina di opere eseguite dalla “Maestri Vetrai Muranesi Cappellin & C.” negli anni di collaborazione con Scarpa, che saranno accostati a circa una trentina di disegni attribuibili all’architetto veneziano, realizzati per la vetreria. Una rara occasione di confronto tra la creazione finale, in questo caso la selezione dei vetri esposti, i disegni originali e la documentazione fotografica d’epoca.

L’Archivio Carlo Scarpa di Verona, che ha sede al Museo di Castelvecchio, conserva infatti, insieme alla raccolta grafica sul restauro di Castelvecchio, la collezione dei disegni e delle fotografie relative ai vetri di Cappellin.

In concomitanza con l’apertura al pubblico il 23 novembre, prende avvio anche un percorso di iniziative – in collaborazione con realtà private e pubbliche – che attinge ispirazione dal mondo antico come la mostra Vetri Romani al MATR Museo Archeologico al Teatro Romano, a cura di Margherita Bolla e, passando da Carlo Scarpa, arriva al contemporaneo.


Conferenza “Il segno dell’Ottocento"

Ricordiamo che martedì 30 gennaio, alle 17.30, si terrà il quinto incontro delle Conferenze di Castelvecchio.

Elena Casotto, storica dell’arte e curatrice della mostra Il segno dell’Ottocento. Disegno italiano a Verona (Verona, 14 novembre 2017 – 25 febbraio 2018) terrà una lezione intitolata “Il segno dell’Ottocento. Tracce per una storia del disegno del XIX secolo”.

L’incontro avrà luogo nella Sala Conferenze del Palazzo della Gran Guardia (qui il programma completo), e sarà accessibile gratuitamente sino ad esaurimento dei posti.


Inaugurazione mostra “Antonio Balestra, nel segno della grazia”

Sabato 19 novembre, alle ore 11.00 sarà inaugurata la nuova mostra «Antonio Balestra nel segno della grazia» organizzata dal Museo di Castelvecchio e dedicata all’opera di uno dei più incisivi artisti veronesi della seconda metà del XVII secolo.

Curata da Andrea Tomezzoli, professore associato di Storia dell’arte dell’Università di Padova, l’esposizione presenta oltre sessanta opere provenienti da prestatori pubblici e privati, italiani ed europei, che celebrano e rendono omaggio ad Antonio Balestra in occasione del trecentocinquantesimo anniversario della nascita. Oltre ad approfondirne l’opera, che al pari della fama superò di molto i confini cittadini, questa mostra costituisce una tappa ulteriore della serie di esposizioni organizzate dalla Direzione Musei d’Arte Monumenti incentrate su artisti veronesi o attivi in città, e in particolare con quella – sempre a cura del prof. Tomezzoli insieme a Paola Marini – dedicata al Settecento a Verona, molti esponenti del quale come Cignaroli e Rotari furono allievi proprio di Antonio Balestra.

La mostra, allestita negli spazi di Sala Boggian, rimarrà aperta sino al 19 febbraio 2017.


Uscite di novembre e dicembre

Cari Amici e gentili Amiche,

vi comunichiamo il calendario delle ultime attività di fine anno che abbiamo organizzato per voi prima della pausa per le festività natalizie. Vi invitiamo a partecipare numerosi perché avremo il piacere di essere accompagnati in tutte le occasioni di visita dai curatori delle mostre stesse.

Sabato 21 novembre, ore 10.30 –  Museo di Castelvecchio

Una mattinata dedicata alle due particolari esposizioni temporanee del nostro museo.

Per prima, visiteremo la mostra “Le meraviglie del 2000. Opere della collezione Stellatelli a Castelvecchio” accompagnati dalla dottoressa Beatrice Benedetti, curatrice della mostra, e durerà circa un’ora.

Al termine, alle ore 11.30 circa, ci trasferiremo nella seconda galleria della Reggia per terminare la mattinata con la visita alla mostra “Aldo Manuzio e l’hypnerotomachia poliphili di Francesco Colonna / 1499”, accompagnati ancora una volta dai curatori, dottor Andrea Polati e dottoressa Maddalena Oldrizzi.

Martedì 1 dicembre, ore 16.30 – Verona, Palazzo della Gran Guardia

Visita alla mostra “Seurat, Van Gogh, Mondrian. Il Post-Impressionismo in Europa”: ancora una volta, avremo il privilegio di essere accompagnati in visita dal curatore della mostra, professor Stefano Zuffi.


Mostra “Aldo Manuzio e l’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna/1499”

Sabato 31 ottobre 2015, alle ore 11.00, presso il Museo di Castelvecchio sarò inaugurata la mostra-dossier Aldo Manuzio e “L’Hypnerotomachia Poliphili” di Francesco Colonna / 1499, curata da Maddalena Oldrizzi e Andrea Polati in occasione del cinquecentenario della morte di Aldo Manuzio

La mostra, dedicata a quello che viene considerato il più bel libro del Rinascimento uscito dall’officina di Manuzio nel 1499, rappresenta il felice risultato della collaborazione fra Museo di Castelvecchio e l’Università degli Studi di Verona che vedrà, nel corso degli anni, giovani dottorandi in storia dell’arte allestire e curare mostre dedicate a celebri libri d’artista.

La mostra resterà aperta sino al 31 gennaio 2016.

Sempre ad Aldo Manuzio sarà dedicato il secondo appuntamento delle conferenze del Museo di Castelvecchio: martedì 3 novembre all’auditorium della Gran Guardia, Guido Beltramini parlerà di Aldo Manuzio, le arti, il libro. Il Rinascimento di Venezia.


I due fratelli Pollaiolo

Sono stata recentemente a Milano con gli Amici dei Musei per visitare alcune collezioni d’arte. La cosa che più mi ha colpito in quella giornata sono state le “Quattro Dame” del Pollaiolo esposte al Museo Poldi Pezzoli.

Casualmente mi è caduto l’occhio sulla notizia di un ciclo di conferenze che si stanno per tenere al Palazzo della Gran Guardia, tra le quali una dedicata ai fratelli Pollaiolo.

Ho approfittato quindi della disponibilità del nonno ad accompagnarmi alla prima di queste conferenze.

Martedì 27 gennaio infatti ci siamo recati alla Gran Guardia per assistere alla conferenza sul Pollaiolotenuta dal prof. Aldo Galli.

Per curiosità va ricordato che Pollaiolo non era il loro vero cognome; ma un soprannome derivante dal fatto che il loro padre era un commerciante di …polli!

Dei due fratelli, Antonio era maggiore di circa dieci anni rispetto al fratello Piero, ed era un artista geniale come orafo, architetto ed anche pittore, ma soprattutto scultore grandissimo.

In questo settore utilizzò il bronzo, l’argento, la terracotta e perfino il sughero. Comunica ad esempio una forte emozione il Cristo in croce da lui modellato in sughero per renderlo più leggero e idoneo ad essere portato a braccia in processione. Ora si trova in San Lorenzo a Firenze ed è un’opera di grande realismo nella quale l’artista immortala con intensa drammaticità il Cristo che esala l’ultimo respiro.

Piero, che inizialmente fu visto solo come un collaboratore del fratello nell’arte della scultura, è il vero pittore della coppia Pollaiolo.

L’eleganza della sua pittura è ben visibile nei magnifici dipinti delle “Dame”, che ritraggono quattro profili di fanciulle fiorentine del Rinascimento nella loro bellezza e splendore, e che fanno anche intravedere l’attenzione di Piero per la pittura fiamminga.

Durante la conferenza il relatore ha mostrato immagini delle opere più famose dei due fratelli, spiegando i particolari e le differenze che si possono rilevare in esse.

Ascoltando il prof ho preso, quasi senza accorgermi, degli appunti che mi sono poi diventati utili per queste mie righe di riflessione.

Ho capito che un’opera d’arte può piacere per la sua bellezza immediata, ma solo attraverso lo studio degli specialisti può rilevare importanti caratteristiche tipiche di ciascun artista.

Lasciando il Palazzo della Gran Guardia ho provveduto a ritirare il dépliant con gli appuntamenti delle prossime conferenze.

Mi sono accorta che la Storia dell’Arte non è né semplice né facile, ma la cosa incomincia a piacermi.

Allegra Ambrosi


Dosso Dossi: alla scoperta di un grande ma poco conosciuto pittore del ‘500 italiano

Noto con piacevole sorpresa che il “metodo Paolo Veronese” funziona a meraviglia. Questo metodo non è certo una novità.
Gli ideatori di importanti Mostre d’arte hanno sempre cercato, e significativamente anche in Verona, di preparare i possibili visitatori con incontri propedeutici.

Ho un antichissimo e piacevole ricordo di quando a Milano, ancora ragazzo, partecipai una sera con mio padre presso il “Centro culturale Pirelli” ad una conferenza preparatoria per una visita organizzata a Venezia. Per la prima volta quella sera sentii nominare un certo Zorzon da Castelfranco, e qualche giorno dopo vidi a Palazzo Ducale, non del tutto digiuno sulle difficoltà di una accettabile interpretazione, quella enigmatica meraviglia della “Tempesta”.

Ma Paolo Veronese ha avuto un trattamento di eccezionale favore, con ben sei conferenze che hanno permesso il traghettamento alla Mostra di Verona con una miglior consapevolezza di ciò che si andava a conoscere. Confesso invece che finora su Dosso Dossi non ne sapevo molto. Un ferrarese che lavorò con impegno presso la Corte estense di Alfonso I a Ferrara ed a Modena, con due importanti trasferte di lavoro fuori ducato: una alla Villa Imperiale di colle San Bartolo presso Pesaro, dove è ancora possibile ammirare un bellissimo soffitto affrescato per i Della Rovere, ed una ben più importante, durata oltre un anno, presso la corte di Bernardo Cles il principe-vescovo di Trento.

Dosso Dossi si recò inoltre più volte nel corso della sua vita professionale a Venezia, a Padova, a Roma, a Firenze, a Mantova, dove, studiando gli artisti più famosi che vi operavano, ebbe fonti di ispirazione, pur riuscendo a mantenere in tutta la sua opera uno stile suo proprio. E qui entra in scena il professor Vincenzo Farinella dell’Università degli Studi di Pisa che con una esaustiva ed impeccabile conferenza alla Gran Guardia ci ha offerto uno spaccato fondamentale sull’anno di attività del Dossi a Trento. Città dove resta aperta fino al 2 novembre una Mostra con molte delle sue opere.

L’artista ferrarese, aiutato dal fratello Battista, dipintore di minore talento, e insieme a due grandi pittori del tempo, il Romanino ed il Fogolino, affrescò numerose sale della nuova ala del Castello del Buon Consiglio, il Magno Palazzo, una grandiosa costruzione rinascimentale appena edificata e che si allineava al trecentesco Castelvecchio.

Il Magno Palazzo è lo specchio di chi lo volle edificare: Bernardo Cles. Una figura basilare nel mondo politico e religioso della prima metà del Cinquecento. Pur essendo già il Vescovo-Principe del principato tridentino, come cardinale di Santa romana Chiesa era membro del Sacro Collegio, e nel contempo era anche cancelliere e consigliere degli imperatori Massimiliano I e Carlo V!

Una figura di primaria grandezza che da Trento seppe equilibrare, ed almeno in parte far interagire tra loro due grandi culture: la italiana e la tedesca in uno dei momenti più travagliati e tragici della storia nostra ed europea. Una piccola chiosa di carattere architettonico che ben “fotografa” lo spirito di Bernardo Cles: nell’appartamento clesiano, cioè la zona del Magno Palazzo da lui abitata (nei rari momenti che non era in viaggio), il locale più vasto, più riccamente decorato, era la “Libraria”, la biblioteca dove il cardinale conciliava studio, politica e preghiera.
Un vero grande umanista.
Qui termina la prima parte della nota, perché domani andrò a Trento a visitare la Mostra. Seguirà un commento.

Nome del quadro in ordine da sinistra a destra:

  1. Giovane pittore di farfalle, Castello Reale, Cracovia
  2. San Sebastiano, Pinacoteca di Brera, Milano
  3. Ninfa e Satiro, Palazzo Pitti, Firenze
  4. La Rabbia, Fondazione Cini, Venezia
  5. Apparizione della Madonna con il Bambino a Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, Uffizi, Firenze

Ecco il mio primo commento a caldo, subito dopo il rientro dalla tournée tridentina.
La scelta della sede espositiva non poteva essere più felice. Il Magno Palazzo rappresenta una fusione perfetta tra la leggiadria rinascimentale italiana e la severa razionalità teutonica. Per sottolineare l’importanza della Mostra e la scelta strategica della location, va ricordato che l’ideazione parte dalla Galleria degli Uffizi nell’ambito del progetto “La città degli Uffizi”, e curata, oltre che da Vincenzo Farinella, da Lia Camerlengo e da Francesca de Grammatica. Il prof. Farinella, collocando nelle sale del Magno Palazzo, affrescate dallo stesso Dosso Dossi (oltre che dal Romanino e dal Fogolino), alcune significative opere pittoriche di Dosso Dossi provenienti da famosi musei e collezioni private, ha fatto un intervento di alta filologia figurativa. Si percepisce chiaramente un muto colloquio tra le figure delle volte affrescate ed i soggetti dipinti dalla stessa mano ed esposti più sotto.

Uno dei più celebri quadri di Dosso Dossi, “Giove pittore di farfalle” proveniente dal Castello reale di Cracovia, è stato posto nella Camera del Camin Nero sotto la volta affrescata da un monocromo ideato da Dosso Dossi, anche se poi realizzato dal fratello Battista, e che rappresenta fedelmente quel trionfo della Virtù raccontato da Leon Battista Alberti e forse attribuibile allo scrittore greco Luciano.
La curiosità interpretativa deriva dal fatto che il Dossi, a differenza dell’affresco soprastante, non ritrae nell’opera pittorica Giove intento a colorare le ali delle farfalle (la rappresentazione figurativa di un dio indifferente alle cose terrene, ma intento ad una attività trascendentale) come lo descrive l’Alberti, ma lo trasfigura in un vero, diligente ed impegnato pittore di farfalle!

Perché il Dossi fa questa scelta? È uno dei misteri per i quali i curatori hanno voluto sottotitolare la mostra con la frase: “Rinascimenti eccentrici al Castello del Buonconsiglio a Trento”.
Le ipotesi più plausibili sono che lo stesso autore essendo molto orgoglioso di essere pittore, (tanto da inserire il suo autoritratto tra le incisioni di uomini illustri predisposte per un libro, e riscattando così il fatto che nell’età greco- romana i letterati fossero ritenuti i soli e veri artisti, relegando i pittori tra gli artigiani), abbia “divinizzato” la sua arte, promuovendo il capo degli dei a…pittore!
O più semplicemente penso che Dosso Dossi abbia voluto onorare ed esaltare il suo mecenate ferrarese Alfonso I, pittore dilettante lui stesso, paragonandolo a Giove.
Al di là di questi gustosi aneddoti, il fatto che in Mostra, per meglio confrontare la capacità artistica di Dosso Dossi, siano state presentate anche opere del Garofalo, di Amico Aspertini, di Tiziano, di Giorgione e perfino un disegno di Michelangelo sta a dimostrare come questo impegnato e fortunato pittore, sicuramente molto ben coadiuvato dal fratello Battista e dai collaboratori di bottega nel portare a compimento un grande numero di opere di pittura religiosa o profana, di ritrattistica e di decorazione parietale, riempia una casella di primissimo piano tra i grandi artisti della prima metà del Cinquecento .

In mostra a Trento vi sono delle opere che attraverso una sapiente ripulitura da ridipinture posteriori, mostrano una qualità eccezionale.
Ricordo il San Sebastiano proveniente da Brera. In esso c’è l’eco dei Prigioni michelangioleschi.
Particolarmente raffinate ed enigmatiche le cinque tavole a rombo (in origine erano nove ed a forma di mandorla) che erano inserite nel soffitto ligneo della camera da letto di Alfonso I a Ferrara. Sono capolavori che precorrono l’opera secentesca di Annibale Carracci. Certe altre sue opere non sono precaravaggesche, anche se lo sembrano. Ma certamente Caravaggio, che era attento ad ogni tendenza pittorica del momento, sicuramente si ispirò anche a Dosso Dossi!

Paradossalmente il lungo oblio della sua opera tra i cultori dell’arte fino ad almeno tutto l’Ottocento può venir attribuito…alla sua grande amicizia con l’Ariosto.
Questi infatti in una terzina dell’Orlando Furioso lo paragona a “i pittori di quai la fama sempre starà fin che si legga e si scriva”, e cioè Leonardo, Mantegna, Giovanni Bellini, Raffaello e Tiziano. Ma il Vasari non apprezzò la sua opera e lo relegò in secondo piano, creando una lunghissima zona d’ombra. Le incerte od erronee attribuzioni a Dosso Dossi di molte opere del fratello Battista crearono ulteriori incertezze.

Ancor più meritoria quindi la volontà degli organizzatori della Mostra di Trento di far conoscere uno dei più raffinati ed importanti artisti del nostro Rinascimento.

Giuseppe Perotti