Un paio di considerazioni sul Palazzo del Capitanio

Nella cronaca de “L’Arena” di sabato 17 aprile a firma  Lorenza Costantino, veniva ampiamente riportato il programma tecnico che trasformerà in tre anni lo scaligero Palazzo del Capitanio in un nuovo museo veronese.

Lode alla Fondazione Cariverona, proprietaria dello storico palazzo che, anche in un momento economicamente complesso come l’attuale e già impegnata a rafforzare la sua presenza nel capitale del Banco Popolare, trova la volontà e la forza di investire in uno dei più nobili scopi per cui opera: la valorizzazione delle arti e della cultura veronesi.

Probabilmente il modello al quale Cariverona si ispira è il “Genus Bononiae” che la consorella felsinea Fondazione Carisbo ha attuato in molti anni di grande impegno culturale ed economico.

La Fondazione bolognese ha trasformato, con la fattiva ed indispensabile collaborazione di tutte le strutture comunali e statali che si interessano di arte e della sua diffusione, otto importanti realtà architettoniche storiche di sua proprietà in ideali siti di un Museo diffuso per la città di Bologna.

Lorenza Costantino nel suo dettagliato articolo riporta le linee guida dello studio espresse dal progettista arch. Luigi Calcagni per la ristrutturazione del Palazzo del Capitanio.

In particolare precisa che nella futura riqualificazione conservativa  il piano terra e parte dei piani superiori saranno destinati agli uffici della Fondazione.

Il primo piano avrà una doppia funzione, culturale e museale, mentre l’ultimo piano sarà riservato alla sola funzione museale.

Perché questa scelta?

Non penso che la Fondazione, proprio per la sua particolare funzione strategica ed operativa, abbia necessità di predisporre uffici aperti al pubblico, ovviamente a piano terra.

Non sarebbe più razionale invertire l’ordine di destinazione dei piani, dedicando il piano terra all’accoglienza dei visitatori del museo che si svilupperà di conseguenza  in altre sale a piano terra ed in parte in sale al piano superiore?

Date le ampie dimensioni del Palazzo del Capitanio (non per nulla nei secoli passati era denominato il Palazzo Grande), a piano terra potrebbe venir allocata una grande Sala conferenze utilizzabile sia per scopi istituzionali della Fondazione, sia per momenti culturali più universali.

Il caso vuole che una scelta abbastanza simile sia stata realizzata da Genus Bononiae, che nella quattrocentesca Casa Saraceni in Bologna, sede storica e attuale di Carisbo, ha riservato il piano superiore ai propri uffici, dedicando il piano terra ad una Sala conferenze multiuso ed a un grande spazio suddiviso in varie sale utilizzate per esposizioni d’arte.

Anzi, in alcune vetrine del palazzo che si aprono sotto i portici di via Farini sono esposte in permanenza all’ammirazione dei passanti alcune opere di proprietà Carisbo di assoluto valore, come la celeberrima terracotta di Arturo MartiniMadre folle” o le sculture in marmo dello stesso autore “La carità” e “Dedalo e Icaro”.

La giornalista ci ricorda anche che il prossimo cantiere previsto della durata di un triennio (in genere però i tempi pronosticati per cantieri complessi come questo possono tranquillamente raddoppiarsi), comporterà la chiusura ”temporanea” del Centro internazionale di fotografia.

Il Centro, allocato nei bellissimi e suggestivi Scavi Scaligeri è un unicum, vuoi per la capacità di coloro che organizzano le mostre fotografiche, sempre indovinate per le scelte e premiate da un concorso di visitatori non paragonabile ad altre realtà simili almeno in Italia, vuoi per il luogo: una perla della collana museale veronese.

Se ci sarà, e mi auguro  possa esserci, la volontà di riconoscere questi valori, le moderne tecniche cantieristiche di sicurezza saranno certamente in grado di permettere la ristrutturazione del palazzo del Capitanio lasciando in funzione il Centro internazionale di fotografia senza alcun pericolo per personale e visitatori.

Una sua chiusura protratta per anni significherebbe la fine del Centro ed anche un decadimento irreversibile degli Scavi Scaligeri, con il rischio concreto di una loro definitiva cancellazione dal tour turistico scaligero.

Mi ha infine deluso molto l’incauta affermazione di un politico locale riportata sempre nell’articolo dell’ottima Lorenza Costantino.

In sintesi costui tra i tanti musei di Verona, esalta con particolare enfasi il falso storico della Casa di Giulietta. Falso sì, ma “un pozzo di soldi”, al punto di proporre……un duplicato, costruendo sul sito una Casa di Romeo (che secondo la leggenda abitava proprio nei pressi).

Di Centri di fotografia pullula l’Italia; ma il Romeo è solo veronese!

Non ho parole.

Per questo signore sarebbe stato certamente molto edificante essere presente a Castelvecchio sabato scorso alla celebrazione del ricordo di Alessandro Zanella, un piccolo, ma grandissimo artista.

Un ideatore e stampatore, in microscopiche tirature, di bellissimi libri fatti a mano.

Un vero artista che, se non ha prodotto “pozzi di soldi”, ha contribuito da par suo ad elevare la vita culturale di Verona, ancor oggi, nonostante tutto, una delle più belle e preziose culle della civiltà europea di ogni tempo.

 

Aristarco